L'Ordine di sant'Agostino

Sant’Agostino – padre e maestro spirituale dell’Ordine agostiniano – appena convertito e battezzato si era affrettato a costituire con i suoi amici una sorta di monastero nella città natale, Tagaste, nell’Africa romana. Sua intenzione era quella di dedicare tutta la sua vita a meditare le Sacre Scritture e a ricercare Dio in comunione con gli amici e quanti nel tempo si sarebbero a loro associati.

Ben presto però le necessità urgenti della Chiesa sconvolsero questo suo tranquillo progetto di ricerca di Dio: lui e i suoi amici, ad uno ad uno, vennero chiamati a reggere le sorti di molte chiese come vescovi e a guidare con saggezza la chiesa africana in tempi di grandi sconvolgimenti a causa di scismi ed eresie e a motivo delle invasioni barbariche che fecero collassare l’impero romano.

Agostino, prima da presbitero e poi da vescovo, non aveva abbandonato l’ideale della vita comune e scrisse una Regola  perché i suoi monaci potessero perseverare in modo ordinato nella condivisione dei beni spirituali e materiale e servire insieme la Chiesa nei suoi molteplici bisogni.

Dopo circa sette secoli, i Romani Pontefici, prima Innocenzo IV e poi papa Alessandro IV, riunirono alcune congregazioni di eremiti che seguivano ancora la Regola agostiniana. Tra il 1244 e il 1256 nacque l’attuale Ordine degli Eremitani di sant’Agostino, poi più semplicemente Ordine di sant’Agostino che, per volontà della Sede Apostolica, ha ereditato in modo specialissimo la spiritualità del santo Dottore di Ippona e ne è stato nei secoli il principale strumento di diffusione. Gli eremiti diventati Agostiniani, custodendo nel chiostro interiore del cuore la cura della vita contemplativa degli antichi eremi, si dedicarono all’evangelizzazione della società tardomedievale degli spazi urbani e delle università e, in seguito, negli oltre sette secoli di storia dell’Ordine hanno lasciato un segno profondo e indelebile nel pensiero teologico, nel mondo della cultura e delle arti, nella vita sociale di tante nazioni europee e nel nuovo mondo, dalle Americhe all’Estremo Oriente.

Come già per sant’Agostino, anche per gli Agostiniani la lucida pagina de La Città di Dio è sempre stata la carta fondamentale della loro spiritualità attiva e insieme contemplativa, perfettamente bilanciata, perché non mancasse mai la dolcezza della ricerca della verità e il servizio della carità:

«L'amore della verità ricerca la quiete della contemplazione; la necessità dell'amore accetta l'attività dell'apostolato. Se nessuno ci impone questo fardello, applichiamoci allo studio e alla contemplazione della verità. Ma se ci viene imposto, dobbiamo accettarlo per la necessità della carità. Tuttavia, anche in questo caso, non dobbiamo rinunciare completamente alle gioie della verità, affinché non accada che, privati di quella dolcezza, restiamo oppressi da questa necessità».

È questo lo spirito che, nel 1356, mosse gli Agostiniani a lasciare il loro convento fuori le mura di Genazzano per inserirsi nel cuore della città dove postisi a servizio del popolo di Dio divennero i fortunati testimoni e i custodi del prodigioso evento mariano del 1467.